Le conclusioni di monsignor Bressan al convegno “Religioni, Libertà e potere”. L’ultima giornata dedicata al dialogo tra i vari tipi di fede

di Claudia ZANELLA

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«La libertà religiosa non è uno strumento, ma è un modo di pensare l’identità umana. Non c’è libertà religiosa senza ontologia dell’alterità, perché la verità è relazionale». Così monsignor Luca Bressan, vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione della Diocesi di Milano, ha concluso il convegno “Religioni, Libertà e potere”, la cui terza e ultima giornata – centrata sull’importanza dell’altro nel costruire il sé e del dialogo tra i vari tipi di fede – si è svolta oggi all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Bressan ha ripercorso le tematiche trattate durante queste tre giornate, ricordando che il convegno è nato dalla volontà di capire meglio la il tema della libertà religiosa, aprendo un dialogo tra i più disparati punti di vista. Così la Chiesa ha voluto proporsi come istituzione culturale in uno spazio pubblico, coinvolgendo l’alterità, rappresentata da relatori con diversi punti di vista e da un pubblico eterogeneo.

«Nella cristianità la verità è legata alla libertà. La verità cristiana implica la libertà dell’uomo di rispondere alla chiamata di Dio. La Chiesa promuove quindi la libertà di coscienza, perché questa è l’unica forma di verità», aveva spiegato in mattinata don Alberto Cozzi, docente di teologia alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. Cozzi ha ribadito il legame tra la verità cristiana e la libertà di coscienza dell’uomo davanti alla chiamata di Dio, per poi compiere un passo in più in questa direzione e passare al dialogo interreligioso. Secondo Cozzi, così come la Chiesa ricerca la propria verità, ogni religione deve compiere un’opera di autoanalisi della propria tradizione, per trovare le verità fondamentali intorno a cui operare una trasformazione strutturale, che renda possibile la propria l’esistenza nel mondo moderno. «In questo modo le religioni possono condividere uno spazio sociale senza scontrarsi», attraverso la nascita di un dialogo, con un impegno di comprensione reciproca che conferisca pari dignità a ogni gruppo religioso.

Sul concetto di reciprocità delle relazioni umane si è soffermato anche Francesco Botturi, professore ordinario di Filosofia morale alla Cattolica. Il docente ha fatto presente infatti il problema dell’epoca in cui stiamo vivendo, in cui i rapporti di tipo mercantile e impersonale hanno sostituito i legami sociali: «L’ideale antropologico ed etico della relazione vorrebbe una gratuità, che tutti desiderano, ma che nessuno può garantire». Si diffonde così una perdita di fiducia reciproca, senza la quale non può crearsi un vincolo sociale. La perdita di fiducia nel prossimo, lo svilupparsi dell’individualismo, è sintomatico della perdita di fede in Dio. Secondo Botturi, infatti, «la crisi della fede teologale ha messo in crisi anche le relazioni umane, che non si danno senza una componente di fede. La relazione di riconoscimento è una configurazione di ragione credente, esercizio di una ragione fiduciaria e di una fiducia ragionevole». Non vi è quindi una relazione sociale se non con un atto di fiducia nell’altro, che deve essere un gesto libero, gratuito e disinteressato. «La relazione di riconoscimento è un rapporto di ospitalità. L’ospite non deve essere sottoposto ad alcuna manipolazione. La sacralità dell’ospite è quel tratto che caratterizza l’idea di ospitalità condivisa in tutto il mondo» e che conferisce quindi libertà all’altro di agire secondo coscienza. Se questa è la base del legame sociale, è quest’ultimo «l’orizzonte in cui è posta la libertà religiosa. Essa ha a che fare con una relazione di fiducia, che deve essere presente anche solo per poter essere concepita».